Pubblicato in data 17 marzo 2011 nel blog: http://giorgiosaba.blog.tiscali.it/
Viviamo in una società
che non è certo avara di novità (utili o meno), di nuove tendenze
(comprensibili o no) e di abitudini varie alle quali i popoli si uniformano,
spesso senza apparente motivo, quando non addirittura in perfetto contrasto con
il buon senso (o perlomeno con ciò che i più riconoscono come tale). In alcuni
casi si tratta di fuochi di paglia, novità destinate a scomparire dopo poco
tempo, spesso ad appannaggio dei giovani alla ricerca di un qualche status nel
quale riconoscersi, esigenza dell’età adolescenziale. In altri casi si tratta
di tendenze che fanno scuola e vengono sposate da tanti, soprattutto adulti. Da
alcuni con profonda coscienza delle proprie decisioni, da tanti senza un
ragionevole motivo ma solo perché, appunto, fa tendenza!
Fra le tante nuove
tendenze, una in particolare, suscita in me alcuni dubbi ed interrogativi: la
conversione alla filosofia vegetariana.
Mi è stato spiegato
che in realtà occorre distinguere fra differenti “correnti”, tutte a favore del
consumo di frutta e verdura, ma con diversi atteggiamenti nei confronti dei
cibi di origine animale. Senza commettere troppe omissioni possiamo semplificare
distinguendo i vegetariani dai vegani. I primi escludono dalla loro dieta la
carne ed il pesce, i secondi rinunciano anche alle uova, al latte ed ai suoi
derivati.
Escluderò dalla mia
riflessione coloro che fanno queste scelte esclusivamente per fini salutistici,
in gran parte condivisibili, frutto dei saggi consigli degli studiosi, ma forse
in qualche misura obiettabili quando si sconfina nei casi di vero integralismo
alimentare.
Nulla da eccepire
neppure nei confronti di coloro che, per puro amore e rispetto nei confronti
degli animali, si professano vegani e adottano le rinunce di cui sopra. Nei
confronti di coloro, va la mia massima stima. La loro ammirabile virtuosità non
è facilmente emulabile.
Mi piacerebbe invece
riflettere con voi le scelte di quei vegetariani che si convertono a tale
ideologia per dichiarato rispetto nei confronti degli animali (almeno così
dicono).
A scanso di equivoci,
voglio ribadire il mio disappunto per qualunque forma di soppressione animale
con fine differente da quello alimentare e, a prescindere da questo, se causato
in maniera di sicura sofferenza per l’animale. Senza esitazione aborro le
torture per testare cosmetici, la vivisezione, anche se praticata per motivi
medici, lo scuoiamento di animali vivi per la produzione di pellicce e via
continuando. Ancora oggi ricordo di aver assistito da piccolo all’uccisione di
suini con metodi da film dell’orrore e di conigli con sistemi da paura. Tutto
questo fortunatamente non accade più nei nostri macelli, anche se non si può affermare
(almeno credo) che gli animali vengano soppressi a sofferenza zero.
§
Come dicevamo, i
vegetariani evitano completamente la carne ed il pesce ma consumano
tranquillamente latte e uova. Il tutto per avvalorare un malinteso senso di
rispetto nei confronti degli animali. Si, lo ribadisco: malinteso!
Infatti il dubbio che
mi assale è se costoro siano in assoluta buona fede, condizionati ed inebriati
da una società che straparla e riesce a condizionare i più deboli, oppure se
anche loro, come gli adolescenti di cui si parlava prima, siano vittime della
voglia di apparire, alla ricerca di uno status nel quale riconoscersi. Oppure,
ancora, siano semplicemente degli sprovveduti incapaci di valutare
autonomamente il reale stato delle cose.
A tal proposito invito
i lettori ad una valutazione: avete idea di quali siano le condizioni di vita
alle quali devono sottostare le mucche da latte e le galline ovaiole?
Le mucche vengono
costrette a trascorrere la loro vita produttiva in spazi ristrettissimi, quasi
immobili, con una mangiatoia davanti al muso, due barre di ferro ai lati,
indotte alla crescita sproporzionata delle mammelle agganciate alle mungitrici
meccaniche. Queste povere bestie, una volta terminata la loro vita utile per la
produzione del latte, vengono comunque soppresse, forse macellate come carne da
brodo. Infatti nessun imprenditore ovviamente spenderebbe per tenerle in vita
senza un tornaconto economico.
Nel caso delle galline
ovaiole non vi è tanta differenza. Esse vengono tenute per tutta la vita in gabbie
strettissime senza la possibilità di percorrere neppure un metro, vengono
indotte alla produzione massima possibile e, alla fine della loro vita
riproduttiva, vengono soppresse esattamente come avviene alle mucche, per gli
stessi motivi.
Ora a me sorge
spontanea una domanda:
E’ più dignitosa e causa minor dolore la soppressione
dell’animale da giovane per destinarlo alle nostre mense, oppure costringerlo a
vivere un’intera vita in condizioni di estrema sofferenza, senza peraltro
evitargli la soppressione che viene comunque solamente posticipata a quando non
sarà più in grado di produrre sufficiente latte o uova?
§
Non riesco a mandar
giù gli atteggiamenti di coloro che si vantano tanto di evitare carne e pesce
perché “non è corretto”, salvo poi abbuffarsi di formaggi, uova e latte
affermando che “la mungitura è un fatto indolore” e che “le uova vengono
deposte comunque, quindi perché non mangiarle?”.
Si, forse nella
fattoria di Nonna Papera, o magari in alcuni (purtroppo sempre di meno)
“allevatori per uso personale” che trattano gli animali come vorrebbero essere
trattati loro. Ma queste sono solo delle rare eccezioni. I prodotti che
acquistiamo provengono tutti da allevamenti intensivi.
Inoltre la mia
indignazione cresce ancor di più quando mi accorgo che tantissimi fra i
sedicenti vegetariani “pro animali”, acquistano portafogli, cinture o borse in
pelle! Alla faccia della coerenza e del rispetto per gli animali!
A fronte di tutto ciò, mi assale un ultimo dubbio che voglio esporre con
uno slang che “fa tendenza”: ma costoro ci sono o ci fanno?